Bovaianom - Bovianum - Bojano

dalla storia al futuro

Si racconta che Boiano si chiami così perché i giovani che, in un tempo lontanissimo, si trasferivano in “ver sacrum” dai colli della Sabina verso il Mezzogiorno, erano guidati da un bove che si fermò proprio qui [alle falde del Matese]. Cercavano acqua e pascoli per i loro armenti e un clima dolce per i loro figli. Fecero i loro sacrifici, danzarono, si amarono nel folto dei boschi, e da Bojano si sparsero in tutta la regione ( F.  Jovine).

Bovaianom-Bovianum divenne la città madre dei  Sanniti “Pentri”, ricca e  fornita d’uomini e d’armi (Livio);  “era la città molto bella, guardata da tre fortezze” (Appiano): le  fortificazioni ancora oggi visibili del  Monte Crocella e dell’oppidum  di Civita, e a mezza costa, i bastioni terrazzati de La Piaggia (San Michele). A valle, alle radici del Monte, possenti mura megalitiche.

Bojano, ieri come oggi, si “legge” dall’alto. Un percorso in salita, fra tornanti, sentieri rocciosi, intricate foreste, conduce alla Civita, alle mura turrite del borgo e alle rovine dell’antico Castello, che tutto dominava: le case come un tempo, le  piazze, le chiese … e dall’alto osservi la valle sannita, il fiume Biferno, l’ordito, “regolare” dell’antica città romana, l’andamento “irregolare” del tratturo che, proprio dove il Matese scende a picco sulla pianura, devia improvvisamente il suo corso per infilarsi con forza dentro le vecchie vie di Bojano. 

Città di passaggi, di mercati, di scambi, Bojano ha sempre avuto un cuore pulsante. Il tratturo (Pescasseroli-Candela), ha da sempre fatto da sponda ad altri importanti assi viari che mettevano in collegamento con la Terrasanta e, attraverso la Puglia e i suoi porti,  aprivano all’Oriente. I segni di questi passaggi sono ancora tutti leggibili.

Il transito stagionale di greggi e mandrie ha sempre generato  ricchezza, da pedaggi, soste, servizi. La presenza di così tanti corsi d’acqua ha sempre fatto fiorire l’agricoltura e l’industria: grance, gualchiere, mulini; abbondanza di grano, ortaggi, latte, uova, stoffe, pellami. 

E oggi? Il  Matese regala ancora le sue nevi al mare e il Biferno irrora ancora la sua valle. La bellezza e la storia sono ancora con noi, pronte ad insegnarci come coniugare, nelle opere umane, l’Utile e il Bello. Ad indicarci la “Via Maestra”. 

Dai territori “montuosi”, “rurali”, “minori”, tutto un patrimonio di cultura, valori, tradizioni, sapori e saperi può essere restituito alle comunità locali e alla Umanità intera. È così che il Tratturo, custode di antiche memorie, il Massiccio del Matese, protagonista indiscusso, il Biferno - con i suoi canali incantevoli -, le antiche vestigia del passato e i paesaggi storici, i cibi genuini della tradizione pastorale,  diventano fattori integranti di una proposta di vita del tutto peculiare, che richiama a stili lenti,  sani e sostenibili,  in grado di riattivare  emozioni inedite che riconducono  l’Uomo a se stesso.

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