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Di seguito una breve storia di territorio di Maratea.

Trentadue chilometri di splendido litorale costiero tirrenico a picco sul mare: è Maratea, un vero unicum nel pur ricco panorama dei paesaggi del sud Italia.

Una bellezza fatta di pendii scoscesi ricoperti da una folta vegetazione di macchia mediterranea, che raggiunge il limitare di nascoste calette con spiagge ricoperte di multicolori ciottoli. Un paesaggio inimitabile ulteriormente arricchito da un entroterra che conserva, invece, un carattere spiccatamente contadino, rivelando un’anima culturale tipicamente lucana.

Il territorio marateota è disegnato da frazioni sia marine che montane, ognuna delle quali conserva una propria identità spesso molto diversa dalle altre. Tutte insieme offrono al visitatore una ricchezza di opportunità che è raro trovare in aree di dimensioni ridotte come quella di Maratea. Questi peculiari tratti naturalistici e culturali, un mare dalle acque cristalline e cangianti, la qualità dell’accoglienza e l’innato senso dell’ospitalità dei suoi abitanti fanno di Maratea una delle località turistiche più note d’Italia. Ogni anno sono sempre di più i visitatori che la scelgono come meta del loro viaggio.

La statua del Cristo Redentore, alta ventidue metri, domina l’intero golfo di Policastro dall’alto dei ruderi dell’antica cittadella fortificata di Maratea Superiore sulla cima di monte San Biagio, sede della omonima Basilica dedicata al Santo Protettore di Maratea e custode delle sue reliquie. Quarantaquattro tra chiese e cappelle costituiscono un vero tesoro, oltre che di fede, di arte e di storia con le decine di opere d’arte, statue, dipinti e affreschi in esse gelosamente custodite.

Parte del territorio della Magna Grecia, Maratea ne offre testimonianze archeologiche pregevoli con i reperti rinvenuti nel suo mare. Lo splendore del suo paesaggio è un invito a godere di rigeneranti passeggiate attraverso i tanti sentieri che in antico costituivano i percorsi della transumanza

pastorale oltre a collegare i vari borghi tra di loro. Maratea è anche il luogo ideale dal quale partire alla scoperta delle ricchezze naturalistiche dei limitrofi Parchi Nazionali del Pollino, del Cilento e dell’Appennino lucano o della storia e delle tradizioni dell’entroterra del Lagonegrese e dei caratteristici paesi della Basilicata.

Maratea

Le origini e la storia Maratea ha una storia antica. La presenza dell’uomo è attestata fin dalla più lontana preistoria. Ne abbiamo testimonianza attraverso gli utensili litici ritrovati nelle frazioni alte di Massa e Brefaro e soprattutto nelle grotte lungo la fascia del litorale costiero. Particolare rilievo hanno i reperti ritrovati nelle grotte di Fiumicello, dove studi risalenti agli anni Cinquanta hanno permesso di datare esemplari risalenti a ben quarantamila anni fa. Contemporaneamente nelle grotte costiere si sono rinvenuti resti di fauna, antica testimonianza delle diverse fasi climatiche che si sono avvicendate in epoche diverse.

Negli ultimi anni un’attenta indagine archeologica ha gettato nuove luci sulle origini di Maratea. Il legame con la principale via di comunicazione, il mare, e quindi con le più antiche culture del mediterraneo, in particolare con la civiltà della Magna Grecia, è stato confermato con significativi ritrovamenti sia terrestri che marini. Lo stesso toponimo “Maratea”, nella versione più accreditata, deriverebbe dal greco antico e significherebbe “finocchiaia”. In località Timpa, una piccola collina sovrastante l’attuale porto turistico, sono state ritrovate testimonianze di un insediamento risalente all’antica età delle culture appenniniche e del bronzo (1500 circa a.c.), costituite da fondi di capanne nonché da materiale ceramico e da strumenti in ossidiana. In diverse località ci sono stati ritrovamenti d’età classica dal IV secolo a.c. in poi.  Particolarmente interessante il vasellame dipinto del IV sec. A.C. di alcune tombe rinvenute in località Castrocucco.

Per l’età romana protagonista è l’isolotto di Santojanni, distante poche centinaia di metri dalla costa, che ha restituito alcune sepolture e tracce di vasche utilizzate per la lavorazione del Garum, condimento assai ricercato dagli antichi romani, indicative di una frequentazione costante del luogo da parte delle imbarcazioni che navigavano sulle vie commerciali o militari. L’isola ha probabilmente da sempre avuto il ruolo di luogo d’approdo privilegiato dove i naviganti si approvvigionavano di acqua e di prodotti alimentari forniti dagli indigeni, barattandoli con utensili e merci preziose. Un’ulteriore e ben più importante testimonianza è data dai rinvenimenti subacquei effettuati intorno all’isola dalla Soprintendenza archeologica nel corso degli anni ottanta: tali ritrovamenti hanno restituito, oltre a anfore di vario tipo utilizzate per il trasporto del vino e dell’olio, sessanta ceppi di ancore greche e romane in piombo, che fa di questo luogo uno dei più importanti siti di archeologia subacquea del mediterraneo.

Sull’isolotto si notano resti di fabbrica attribuiti a una piccola chiesetta dedicata, si suppone, a Santojanni, di probabile rito bizantino.

Il successivo periodo tardo medievale vede spostare la centralità della storia di Maratea nella zona alta del territorio e precisamente sulla cima del monte San Biagio dove già c’erano preesistenze di epoca classica testimoniate da recenti e limitati saggi di scavo e dal racconto popolare, che vuole l’esistenza di un tempio dedicato alla dea Minerva nel luogo della odierna Basilica di San Biagio. In effetti in altri casi è documentata la nascita del culto di San Biagio in località precedentemente dedicate alla venerazione di divinità pagane protettrici della salute ed in particolare Minerva. Monte San Biagio fu successivamente, intorno al VII-VIII secolo d.C. scelto da piccole comunità di monaci basiliani, che muovendosi lungo le direttrici che portavano dal mondo greco verso il mondo latino, ne fecero un loro eremo. Successivamente crearono un primo nucleo urbano offrendo migliori garanzie di difesa alle sparse comunità locali, dando così vita all’abitato fortificato di Maratea Superiore oggi chiamato “Castello”. Secondo alcune tesi a popolare Maratea Superiore furono anche i profughi provenienti dalla città di Blanda, che erroneamente si voleva esistesse in territorio di Maratea ma che ricerche archeologiche recenti hanno definitivamente collocato nella vicina Tortora. In quegli anni e secondo la tradizione nel 732 furono traslate nell’attuale omonima Basilica le reliquie di San Biagio Vescovo martire d’Armenia, protettore della città.

È molto probabile che l’area del Castello, ovvero Maratea Superiore, abbia vissuto con intensità le vicende storiche che hanno caratterizzato la storia dell’alto medioevo attraversate dai Bizantini prima e dai Longobardi poi. Alcune caratteristiche collegabili a questo periodo sono state individuate nell’impianto urbano e nella tipologia delle difese murarie, ma la prima comparsa del nome Maratea in un documento scritto ufficiale risale al 1079 in una bolla del Vescovo di Salerno Alfano I°. Nei secoli successivi Maratea riesce ad attraversare la lunga serie di dominazioni straniere che hanno interessato il sud Italia Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli, conquistando, agli inizi del 1400, una condizione giuridica che, sottraendola al regime feudale tipico di molte comunità, fatta eccezione del Feudo di Castrocucco, un piccolo pezzo di territorio al confine con la Calabria, la dotava di numerosi privilegi costituiti fondamentalmente da vantaggi fiscali. Questa condizione di Città Regia e la presenza del porto hanno favorito la nascita e lo sviluppo di attività commerciali rinforzando, per Maratea, sempre di più il ruolo di centro di riferimento per tutti i paesi dell’entroterra e in particolare del Lagonegrese. A Maratea confluivano le merci e i prodotti provenienti dai paesi lucani e diretti prevalentemente nei mercati napoletani. In particolare formaggi, olio e legnami che trasportati via mare con le barche incrocianti le rotte costiere, famose quelle della marineria amalfitana, contribuirono a creare la reputazione per i marateoti di capaci e facoltosi commercianti. Nella seconda metà del 1500, lungo la costa furono costruite le sei torri costiere parte integrante del sistema difensivo del Regno.

È del 21 maggio del 1647 l’attacco che Maratea ebbe da parte di una banda di centosessanta briganti dal quale si vuole riuscì a difendersi uccidendone la gran parte, subendo di contro solo la perdita di un cittadino. Un importante episodio storico vide protagonista Maratea Superiore che, lungamente assediata

dai Francesi e difesa dal colonnello Alessandro Mandarini che, insieme ai suoi uomini, si arrese il 10 dicembre 1806. In quell’occasione i vincitori distrussero le mura e le torri difensive dell’abitato accelerando così il successivo progressivo spopolamento dell’abitato, oggi in gran parte suggestivo insieme di ruderi. Durante i moti risorgimentali come altri paesi lucani anche Maratea ebbe i suoi patrioti e i suoi martiri.

Nel 1828 in località Cappuccini, vicino all’omonimo monastero, fu fucilato Padre Carlo da Celle. Il 4 luglio 1848 il liberale democratico Costabile Carducci mentre era in navigazione con altri insorti verso il Cilento, dove intendeva riprendere la lotta ai Borboni, naufragò sulla spiaggia di Acquafredda di Maratea, località dove si era ritirato a vivere il sacerdote Vincenzo Peluso, filoborbonico e nemico dei patrioti e in particolare del Carducci, che approfittando della circostanza, incitò i popolani a uccidere i naufraghi e lo stesso Carducci dopo averlo torturato. Il corpo dell’eroico patriota recuperato dalla pietà cristiana di un altro sacerdote, Daniele Faraco, da un burrone dove era stato gettato, riposa nella Chiesa di Acquafredda. La fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento vedono Maratea, come tanti paesi italiani, fortemente toccata dal fenomeno dell’emigrazione indirizzata prevalentemente verso il Sud America e il Messico e dalle perdita di numerosi suoi figli nei due conflitti mondiali, tra i quali la medaglia d’oro Biagio Lammoglia al quale è intitolata la piazza di Massa di Maratea.

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