I Fari della calabria

Punta Stilo

La terza tappa di questi appunti di viaggio è dedicata al faro di Punta Stilo che si erge presso Monasterace Marina, in provincia di Reggio Calabria.

Forse grazie alla la sua posizione ed esposizione, ho sempre pensato che il faro di Punta Stilo fosse l’unico della Calabria. La costruzione sorge su una collinetta che si affaccia sugli scavi archeologici dell’antica Kaulon, lungo il percorso della statale 106, non distante dal museo archeologico di Monasterace.

Nel periodo della preparazione del documentario, ho visitato più volte questo faro, sia di giorno che di notte, anche se le esperienze notturne sono le più magiche e misteriose. La prima volta che andai incontrai il vecchio guardiano, il gentile Signor Pologruto, alla soglia della pensione. Da lì in poi il mio riferimento fu il Signor Sestito, con sede a Capocolonne.

Il faro di Punta Stilo, come quello di Capocolonne, è molto speciale per via dei richiami della storia che lo circondano. L’aria che si respira è semplicemente magica.

A caccia della Via Lattea

Il mio ricordo più intenso di questo luogo risale a una notte invernale. Erano circa l’1:00 ed ero intenzionato a riprendere la Via Lattea. Non tutti sanno che la nostra galassia può essere immortalata solo in assenza di inquinamento, in determinate latitudini, orari e periodi dell’anno. Quella notte il faro non era custodito, il vecchio farista era ormai in pensione ed io, sempre autorizzato, mi avviavo a lasciare l’auto giù per salire a piedi con doppio cavalletto, telecamera, macchina fotografica e torcia.

Rubrica di Ivan Comi

Dopo qualche centinaio di metri di cammino, accompagnato dai 

versi dei gufi e degli altri uccelli notturni

, arrivai alla fine della salita, notando che all’interno dell’abitazione del farista la luce era accesa. Panico. Volevo chiamare il Signor Sestito ma l’orario non me lo consentiva. I pensieri per la testa erano tanti ma mi feci coraggio e andai avanti nella parte anteriore del faro, dove in totale silenzio preparai cavalletto e macchina fotografica.

Ero sempre in allerta perché la mia testa mi diceva che ci poteva essere qualcuno all’interno ed io volevo ascoltare eventuali rumori in avvicinamento. Rimasi quasi in apnea forzata per tre ore, ma piano piano mi abituai all’idea e riuscii a fare il mio lavoro al meglio.

Da questo episodio nacque la frase riportata nel retro copertina del libro.
 

Il faro rappresenta per me una sicurezza, un riparo, un guardare lo scorrere della vita da un’altra prospettiva. Erano le 2 del mattino quando ai tuoi piedi ho iniziato a fotografarti, nel buio della notte senza la tua compagna luna. Ascoltavo il suono del vento, il frinire dei grilli e l’ondeggiare del tuo mare che sorvegli senza interruzione notte e giorno. In tanti avrebbero avuto paura, ma l’ergerti dinanzi mi trasmetteva sicurezza, come un gigante buono.

Dalla Rubrica di Ivan Comi

Riuscii ad immortalare il faro con una porzione di Via Lattea e già per me era una mezza vittoria.

Si stava avvicinando l’alba e mi accinsi a scendere giù dalla parte del mare per fare altre immagini, cautamente, controllando sempre quella misteriosa luce accesa. La nottata stava andando bene, riuscii a realizzare altre immagini con il drone. Mi facevo coccolare dalla natura e a breve sarebbe sorto il sole.

Il ritorno dalle mie visite notturne, ormai in tarda mattinata, era accompagnato da una sorta di timore di uscire dalle tenebre.  Così noi umani, animali diurni, a contatto con la natura nutriamo il sentimento di non voler più tornare a casa, per non lasciarla in preda all’uomo che giornalmente la deturpa e inconsciamente distrugge il proprio habitat.

Epilogo al Museo Archeologico di Monasterace

Dopo aver visto il cielo illuminarsi, mi spinsi in paese prendendo un ottimo cappuccino con cornetto e mi diressi al museo, dove avevo appuntamento con la dott.ssa Agostino, attuale Direttrice del Museo e Parco Archeologico dell’Antica Kaulon. Nella struttura ho avuto il piacere di conoscere la signora Mazzà, che si occupa dei restauri, che in attesa di iniziare le riprese è stata cosi gentile da farmi da guida all’interno del museo, in maniera molto passionale ed incisiva, lasciandomi delle bellissime sensazioni che ho poi raccontato nel mio docufilm.

Per i più curiosi, sempre nella stessa mattinata chiamai il farista Sestito, al quale riferii della luce accesa. Lui mi rispose con semplicità: “Eh si, l’avrò dimenticata io accesa!”.

Ivan Comi

 

 

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