Strabone definiva la Solfatara il “Forum Vucalni”, dimora del Dio Vulcano, anticamera degli Inferi. Il suo odore è da sempre inconfondibile, i fumi giungono fino il cielo, i fanghi ribollono nei calderoni, e i gas escandescenti spruzzano fuori dalle rocce. È uno degli oltre 40 vulcani attivi che costituiscono i Campi Flegrei, un’oasi naturalistica di rarità geologiche, botaniche e faunistiche.

Il cratere, di forma ellittica, si estende per 33 ettari di superficie e si presenta come una distesa di terra calda interrotta da piccoli laghi di fango in ebollizione. Questi sprigionano forti esalazioni che, allo stesso tempo, rappresentano una fondamentale valvola di sfogo per i gas che esercitano pressione dal sottosuolo. Questo aspetto, insieme ad altri fenomeni detti di “vulcanesimo secondario” come le mofete (esalazioni di CO2), le fumarole (emissioni di vapore acqueo), e i vulcanetti di fango, è da attribuire alla fase quiescente del vulcano, che lo stesso termine “solfatara” sta ad indicare. 

Dalla Bocca Grande, la principale fumarola della Solfatara, fuoriescono vapori che raggiungono i 160°C. Le sue esalazioni, dal caratteristico odore, si depositano sulle rocce circostanti conferendone una colorazione giallo-rossastra. Di grande interesse sono poi la fangaia, il pozzo dell’acqua minerale e le vecchie stufe, vere e proprie saune naturali.

La sua particolare conformazione, l’atmosfera che questa ricrea, concorre a rendere la Solfatara un luogo di grande fascino.

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